Le cellule griglia hanno bisogno del segnale delle cellule HD

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 14 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nel mese di ottobre 2014, quando è stato assegnato il Premio Nobel al neuroscienziato americano John O’Keefe e ai coniugi e neuroscienziati norvegesi Edvard Moser e May Britt Moser[1], per la scoperta dei sistemi cellulari che consentono al cervello di riconoscere la posizione nello spazio e guidare gli spostamenti di un animale, la nostra società scientifica ha organizzato un incontro del quale, purtroppo, contrariamente al solito, non si è potuto fornire un resoconto sul sito, perché è mancata la registrazione delle relazioni. Come è noto a tutti coloro che da anni seguono le nostre recensioni settimanali, la rappresentazione dello spazio circostante un animale, la presenza nel cervello di una sorta di bussola neurale e lo sviluppo di vere proprie mappe cognitive dei luoghi in rapporto con posizioni e spostamenti direzionali, sono argomenti seguiti sempre con interesse da molti nostri soci.

L’occasione, che ha costituito un momento di celebrazione per le neuroscienze e di soddisfazione personale per tutti coloro che lavorano in questo campo di studi, che sta contribuendo in maniera decisiva a tracciare il profilo funzionale dei sistemi che forniscono la base automatica per la cognizione animale e umana, è stata colta per fare il punto delle conoscenze sui sistemi dell’ippocampo e della corteccia entorinale che consentono gli spostamenti e l’esplorazione dell’ambiente nel modo efficiente e sicuro che caratterizza l’istintività dei mammiferi, dai roditori di laboratorio a noi esseri umani.

L’incontro è stato introdotto con una relazione del professor Rossi, basata quasi integralmente su un articolo scritto dallo stesso O’Keefe con tre suoi collaboratori nel dicembre del 2013, al quale si rinvia perché fornisce un quadro esaustivo che va oltre la parte di studi che ha visto il ricercatore statunitense come pioniere e protagonista[2]. Nuovi dati stanno emergendo dalla ricerca e, prima di recensire un nuovo interessante studio che sarà pubblicato sulla rivista Science, si propongono alcuni elementi introduttivi.

La scoperta nell’ippocampo da parte di John O’Keefe, all’inizio degli anni Settanta, di un sistema di cellule, le place cells (“cellule di luogo” o di “posizione”), in grado di definire la posizione dell’animale in una mappa dinamica dell’ambiente in cui è posto, ha ricevuto un completamento dalle scoperte, dovute ai coniugi Moser, dei sistemi della corteccia entorinale mediale, che comprendono le grid cells, le head direction cells e le border cells, i quali, grazie soprattutto alle grid cells (cellule griglia), realizzano una mappa basata su un sistema di coordinate, come longitudine e latitudine, che consentono al cervello di calcolare le distanze relative fra i luoghi in rapporto alla posizione dell’animale stesso.

In proposito, scrivevo con Nicole Cardon: “L’attività elettrica dei neuroni piramidali dell’ippocampo, rilevata in roditori vivi, svegli e attivi, appare come un diretto correlato della posizione dell’animale nello spazio, secondo un preciso rapporto topografico fra l’ambiente, la disposizione e la competenza territoriale dei neuroni, cui è stato attribuito per questa ragione il nome di place cells o cellule di luogo[3]. Tali neuroni, ricordiamo, furono identificati da John O’Keefe e colleghi che, collocando elettrodi nell’ippocampo di un ratto per registrare l’attività elettrica corrispondente all’esperienza, notarono un andamento funzionale insolito: mentre le altre cellule di proiezione scaricavano alla frequenza di circa una volta al secondo, alcune presentavano un vertiginoso aumento dell’attività quando l’animale giungeva in un luogo particolare. Specificamente, una singola cellula scaricava fino a centinaia di volte al secondo quando il ratto era in un determinato punto ma, come il roditore si allontanava, smetteva di scaricare e, non appena ritornava nello stesso posto, riprendeva a generare potenziali d’azione all’impazzata. Questo comportamento elettrico fu considerato indice di una codifica ippocampale dello spazio e il dato fu interpretato anche alla luce dell’esito della sperimentazione di David Olton (1979), che dimostrò la compromissione dell’abilità di esecuzione di prove basate su compiti di apprendimento spaziale in roditori con lesioni dell’ippocampo. La concezione neurofisiologica esposta nel volume di O’Keefe e Nadel, The Hippocampus as a Cognitive Map (1978), ha costituito un importante riferimento teorico per la ricerca delle tre decadi successive, fino ai giorni nostri”[4].

In una recensione del 3 maggio dello scorso anno fornivo qualche altra indicazione sui primi neuroni dell’ippocampo individuati come codificatori di posizione e sui “campi di luogo o posizione” dell’ambiente esterno che ne evocano l’attivazione: “John O’Keefe e John Dostrovsky pubblicarono nel 1971 la scoperta, nell’ippocampo di ratto, di una mappa cognitiva dell’ambiente circostante l’animale[5]. La familiarità di un animale con un particolare ambiente risultava rappresentata nell’ippocampo dal pattern di accensione di particolari popolazioni di cellule piramidali presenti nelle regioni CA3 e CA1, alle quali si diede il nome di place cells. Una tale cellula di luogo si attiva quando un animale entra, in uno specifico ambiente, in una determinata area alla quale si è dato il nome di campo di luogo (place field). Quando un animale entra in un nuovo spazio-ambiente, entro pochi minuti si formano nuovi campi di luogo che rimangono stabili per periodi che vanno da settimane a mesi. In tal modo, si generano dei correlati funzionali della posizione dell’animale nello spazio. Se si registra l’attività elettrica di un gran numero di cellule di luogo, è possibile comprendere dalla lettura del profilo di attivazione in quale luogo fosse l’animale al momento della rilevazione. La corrispondenza fra cellule e luoghi, memorizzata e riattivata, funziona come una mappa interna, ma è anche un codice individuale dello spazio circostante, al quale possono essere associate varie altre memorie”[6].

Una decina di anni or sono, i coniugi Moses, nel laboratorio da loro allestito a Trondheim (Norvegia), hanno identificato nella parte mediale della corteccia entorinale neuroni sensibili allo spazio, ma la cui accensione non obbediva al criterio delle cellule ippocampali, e si verificava in risposta a posizioni che formavano una griglia a maglie triangolari che, accostate, componevano esagoni regolari: le grid cells o cellule griglia o “a grata”. Rimandando a dopo per qualche altra nozione su questi neuroni, si ricorda che in questa area extra-ippocampale sono state individuate altre due popolazioni neuroniche, una sensibile ad un particolare aspetto dello spazio, come il confine o limite di un’area (border cells), ed un’altra in grado di rilevare la posizione della testa dell’animale (head direction cells, HD), in rapporto alla quale assume senso l’orientamento delle mappe interne del “navigatore biologico cerebrale”[7].

Proprio sul ruolo di queste cellule che codificano l’orientamento direzionale del capo (HDC) e che, momento per momento, contribuiscono con le cellule griglia ad orientare un animale durante i suoi spostamenti nell’ambiente, è stato realizzato un nuovo studio.

Winter, Clark e Taube hanno dimostrato l’indispensabile ruolo dei neuroni HD per la genesi e il mantenimento dell’attività delle cellule griglia (Winter S. S., et al., Disruption of the head direction cell network impairs the parahippocampal grid cell signal. Science – Epub ahead of print doi: 10.1126/science.1259591, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Psychological and Brain Sciences, Center for Cognitive Neuroscience, Dartmouth College, Hanover, NH (USA).

Prima di esporre in sintesi i contenuti dello studio, desidero ancora riprendere qualche brano dalla già citata recensione dello scorso anno: “L’individuazione delle cellule di luogo da parte di O’Keefe e Dostrovsky fornì la prima evidenza di una rappresentazione neurale dell’ambiente che consente ad un animale di sfruttare gli automatismi di movimento per spostarsi in modo appropriato ed efficiente secondo memorie cognitive dello spazio[8]. L’esistenza di una mappa cognitiva dello spazio nel cervello era stata ipotizzata da vari studiosi dei processi cognitivi, il più noto dei quali è senz’altro Edward Tolman. Un aspetto concettualmente rilevante, per la comprensione della logica neurale di queste mappe dell’ambiente nell’ippocampo, è la differenza con la rappresentazione somatotopica del corpo nell’organizzazione dei sistemi sensoriali e motori, bene espressa dai due cosiddetti omuncoli di moto e di senso che riproducono nella corteccia cerebrale i territori periferici di tutto il corpo. Questo genere di rappresentazione ha il suo fulcro nell’individuo, ed è perciò detta egocentrica, al contrario, la mappa ippocampale dell’ambiente circostante individuata dalle place cells può considerarsi allocentrica o geocentrica, in quanto stabilita rispetto a un punto del mondo esterno.

Nel 2005 Edvard e May Britt-Moser, con i loro colleghi norvegesi, scoprirono che i neuroni della corteccia entorinale mediale, i cui assoni formano la via perforante all’ippocampo, mappano lo spazio in un modo radicalmente diverso da quello delle cellule di luogo. Invece di attivarsi quando un animale è in una specifica localizzazione, come le cellule di luogo dell’ippocampo, le cellule della corteccia entorinale, cui si è dato il nome di grid cells, si attivano ogni qualvolta l’animale è in una di varie posizioni regolarmente disposte nello spazio a formare una griglia a maglie triangolari. Questa griglia consente all’animale di assumere una posizione in uno spazio esterno definito da un sistema di coordinate similcartesiane, del tutto indipendente dal contesto, da elementi caratterizzanti il territorio o da contrassegni di qualsiasi genere.

Le grid cells generano nella corteccia entorinale mediale (MEC) precise rappresentazioni metriche spaziali. Recenti modelli di reti basati su attrattori suggeriscono che gli interneuroni GABAergici abbiano un ruolo essenziale nel consentire l’emergere del pattern di attività delle grid cells attraverso un’inibizione ricorrente, dipendente dalla fase delle stesse grid cells. Gli elementi cellulari con le maggiori probabilità di corrispondere al ruolo previsto dai modelli sono gli interneuroni esprimenti parvalbumina (PV+), ai quali è stato riconosciuto un profilo di attività compatibile con l’azione inibitoria ricorrente sulle cosiddette cellule a grata e su altre cellule direzionali”[9].

Veniamo ora al lavoro recensito.

La percorrenza e l’esplorazione dell’ambiente dipendono da più sistemi neuronici che codificano in tempo reale, momento per momento, tutte le variazioni di direzione e posizione che un animale o un essere umano assume nello spazio. Questi sistemi includono le cellule HD che rappresentano l’orientamento direzionale del capo e le cellule griglia che, come abbiamo già ricordato, si accendono in corrispondenza di localizzazioni multiple, formando una griglia a maglie esagonali ripetute. Modelli computazionali sostengono l’ipotesi che la genesi del segnale delle cellule griglia dipenda dall’informazione proveniente dai neuroni HD, che ascende alla rete ippocampale dalla corteccia entorinale mediale, passando per i nuclei anteriori del talamo.

Winter e colleghi hanno disattivato o danneggiato, producendo lesioni, i nuclei anteriori del talamo e, successivamente, hanno registrato l’attività di singole unità nella corteccia entorinale e nell’area del parasubiculum.

L’esito è risultato molto evidente: l’inattivazione della stazione talamica aboliva in modo rilevante le caratteristiche fisiologiche delle cellule griglia e HD, risparmiando solo il ritmo theta di queste regioni.

In attesa di verifiche sperimentali, quanto è emerso sembra indicare che la segnalazione delle cellule HD, via nuclei talamici anteriori, è necessaria per la genesi e il mantenimento dell’attività tipica delle cellule griglia.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione nella stesura del testo e la revisione della forma, e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito ( utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-14 febbraio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] In varie biografie che circolano in rete i tre neuroscienziati sono definiti “psicologi”, ignorando la loro formazione biologica e sperimentale: John O’Keefe è stato allievo di Patrick Wall e collega di Ronald Melzack, i due massimi studiosi dei meccanismi neurali del dolore, lavorando nel loro laboratorio. Al laboratorio di John O’Keefe, Edvard Moser fu ammesso a lavorare come dottore di ricerca in neurofisiologia sperimentale; Moser, che ha studi curricolari specialistici in matematica e statistica, ha studiato e lavorato sotto la supervisione del neurobiologo Per Oskar Andersen, nel cui laboratorio Bliss e Lømo scoprirono il potenziamento a lungo termine (LTP), ossia la base cellulare della memoria. Prima di diventare professore di neuroscienze presso l’Università Norvegese delle Scienze e della Tecnologia, ha avuto un incarico come professore di psicologia biologica. Come neurobiologo è cofondatore e direttore del Centro per la Biologia della Memoria NTNU (2002) e del Kavli Institute for Systems Neuroscience (2007). May-Britt Moser, collega e moglie di Edvard, ha condiviso il lavoro neurobiologico del marito in neurofisiologia cellulare e dei sistemi, ed è stata co-fondatrice del Centro per la Biologia della Memoria NTNU (2002) e del Kavli Institute for Systems Neuroscience (2007).

[2] Hartley T., et al., Space in the brain: how the hippocampal formation supports spatial cognition. Philos Trans R Soc Lond B Biol Sci. 2013 Dec 23; 369 (1635):20120510.doi: 10-1098/rstb.2012.0510. Print 2014 Feb 5.

[3] Attualmente le place cells sono considerate parte di un’articolata rete che consente l’orientamento automatico e la perlustrazione dello spazio. In proposito così si esprimeva Roberto Colonna alcuni anni fa: “Lo studio delle basi neurobiologiche della capacità degli animali di dominare uno spazio esplorandolo, orientandosi, ripartendolo in parti con significati diversi, gestendolo in funzione della propria posizione e di quella di elementi ambientali rilevanti, ha consentito di individuare un sistema composito con sede nell’ippocampo e nella corteccia entorinale che, attraverso la straordinaria organizzazione di place cells, grid cells, head direction cells e border cells, definisce la mappa cognitiva dell’ambiente e le operazioni di base per la gestione dei comportamenti adeguati allo spazio ed alla circostanza” (Note e Notizie 14-02-09 La scoperta delle border cells; si veda anche: Note e Notizie 21-11-09 Grid e place cells in un ambiente compartimentato). Un elenco di nostre recensioni su questo argomento si trova in Note e Notizie 16-10-10 Immagini in vivo di place cells dell’ippocampo durante l’esplorazione di uno spazio virtuale. Un’altra nota dello scorso anno (Note e Notizie 13-03-10 Evidenze per grid cells umane) contiene un elenco con collegamenti a note precedenti su questo argomento.

[4] Note e Notizie 10-09-11 Esperienze nello spazio a fondamento dei luoghi della memoria autobiografica. La data riportata (1978) si riferisce alla pubblicazione del libro; la data della scoperta (1971) coincide con la pubblicazione su Brain Research del lavoro originale (vedi dopo).

[5] Brain Res 34: 171-175, 1971.

[6] Note e Notizie 03-05-14 Come le cellule di orientamento entorinali sono regolate da interneuroni PV.

[7] Si suggerisce la lettura di una recensione di Roberto Colonna che contiene anche i riferimenti necessari a reperire parte dei numerosi scritti che, fornendo dati di aggiornamento sperimentale, possono introdurre alle funzioni dei tipi cellulari della corteccia entorinale: Note e Notizie 22-03-14 Confini geometrici nel cervello in corso di sviluppo.

[8] G. Perrella, op. cit., p. 2.

[9] Note e Notizie 03-05-14 Come le cellule di orientamento entorinali sono regolate da interneuroni PV.